Il know-how aziendale come fonte di servizi (e profitti!) verso l’esterno

L’esempio della Porsche Consulting vale anche per le piccole e medie imprese

Ci troviamo spesso a fare inventari fisici dei beni materiali che abbiamo nelle nostre aziende; a tenere una contabilità su quanto gli stessi beni valgono avendo cura di ammortizzarli nel modo più opportuno. Tutto questo ci pare logico e sensato perché edifici, macchinari, scrivanie, computer sono cose che vediamo, che percepiamo concretamente e che possiamo associare in modo diretto al progetto aziendale che stiamo portando avanti.

Le cose cambiano quando iniziamo a parlare di beni immateriali o intangibili che comunque contribuiscono marcatamente al progetto aziendale ed in particolare uno fra tutti: il know-how (il sapere pratico composto da teoria ed esperienza pratica sul campo, nel quotidiano) che rappresenta molto spesso la vera e unicamente originale ricchezza aziendale.

 

Consapevolezza ed uso della vera ricchezza aziendale

Come vengono risolti nel quotidiano i problemi che si incontrano nel comparto produttivo? come si gestiscono le complessità di rapporto con clienti che appartengono a culture e mentalità diverse? come riusciamo a fare si che una determinata procedura di qualità o di riduzione costi venga assimilata nel comportamento quotidiano da parte di tutti? cos’è che l’azienda sta facendo bene e perché? in quale processo sta l’azienda creando valore con il suo sapere? dove risiede il suo sapere veramente originale che le permette di innovare?

Ora vediamo tutto questo da una prospettiva diversa che ci introduce al tema di questo articolo: come tutto questo know-how può essere utilizzato perché possa sia concretamente utile alla riorganizzazione, crescita e sviluppo di altre aziende indipendentemente dalla natura del nostro settore di attività rispetto al nostro?

 

Il caso Porsche Consulting

Nel 1994 il top management della casa automobilistica Porsche si pose una domanda molto simile a questa. L’azienda stava appena uscendo da un periodo piuttosto buio: il celebre marchio stava perdendo un po’ del suo smalto a causa di problemi di qualità e competitività sul mercato. L’integrazione e l’utilizzo di idee e pratiche della ‘lean production’ giapponese migliorarono decisamente il contesto e proprio in quell’anno fu creata la Porsche Consulting che metteva a disposizione il proprio know-how a beneficio di altre aziende. La prima ricompensa per i servizi prestati ad un fornitore produttore di mobili furono sedie e tavoli da ufficio; oggi Porsche Consulting ha alle sue dipendenze 250 persone e un fatturato di circa 55 milioni di Euro mostrando dalla sua fondazione una progressiva crescita annuale del 26 % e riportando ogni anno profitti a due cifre decimali. I clienti rappresentano i settori economici più disparati.

I quartieri generali Porsche Consulting a Stuttgart
I quartieri generali Porsche Consulting a Stuttgart

Nel corso di questi ultimi anni sempre più aziende tedesche, anche di dimensione media e medio piccola, hanno affiancato alle loro tipiche attività di ‘core business’ queste attività di consulenza; questo si è rilevato utile sia da un punto di vista economico e finanziario che nell’accrescere la professionalità non solo di manager ma anche di collaboratori a tutti i livelli aziendali. Infatti, quello che caratterizza questo tipo di attività consulenziali è l’estrema praticità: il rapporto diretto fra persone che pur lavorando in aziende diverse si confrontano con problematiche simili e si pongono in modo naturale su un livello professionale paritetico concentrandosi sulla soluzione e prevenzione dei problemi piuttosto che su formalismi.

 

Una nuova dimensione aziendale

Tutto questo aggiunge una dimensione importante alle dinamiche di sviluppo e crescita aziendale; una dimensione che richiede la presenza di alcuni fattori chiave perché si formi e si sviluppi e che presenta anche dei rischi.

Fra i fattori chiave che devono essere presenti perché un’azienda possa intraprendere il percorso di valorizzazione economica verso l’esterno del proprio know-how, sicuramente abbiamo:

la consapevolezza di cosa si fa, perché lo si fa e come lo si fa;
la consapevolezza di come il nostro metodo di lavoro possa essere utile ad altri;
la capacità di gestire tutta questa consapevolezza nelle dinamiche interne dell’azienda focalizzandola in modo mirato verso l’esterno;
la capacità di trasmettere il sapere in modo pratico umile ed esperto anticipando le reali problematiche del quotidiano dei beneficiari del servizio.

Fra i rischi che si corrono nell’implementazione e sviluppo di attività di questo tipo:

la dispersione di risorse ed energie rispetto alle attività del ‘core business’;
la perdita di know-how a vantaggio di aziende che direttamente o indirettamente potrebbero recare danno al ‘core business’ stesso.

 

Una direzione di sviluppo per tutti

Esplorare questa nuova dimensione aziendale non è facile ma indubbiamente rappresenta un percorso su cui meditare soprattutto perché ci porta a riflettere e valorizzare un aspetto che sempre più caratterizza le dinamiche di continuo cambiamento dell’economica globale: le evoluzioni e gli utilizzi del sapere teorico e soprattutto pratico. Si tratta di una sfida rispetto alla quale ciascuna azienda dovrebbe almeno iniziare a considerare, può essere che soluzioni che si stanno cercando siano proprio in questa direzione.

 

Bibliografia:

Financial Times: “Profits of inside knowledge” By Daniel Schäfer in Frankfurt 4 aprile 2011

“Più informazione e meno sapere”; dinamiche, rischi e opportunità di internet e delle nuove tecnologie

Un po’ di tempo fa ho letto sul quotidiano ‘El Pais’ * un interessante articolo d’opinone dello scrittore Mario Vargas Llosa dal titolo accattivante: “Mas informacion, meno conocimiento. La imparable robotización humana por Internet cambiará la vida cultural y hasta cómo opera nuestro cerebro. Cuanto más inteligente sea nuestro ordenador, más tontos seremos nosotros” ( Più informazione e meno sapere. La inarrestabile robottizazione umana tramite internet cambierà la vita culturale ed il funzionamento del nostro cervello. Quanto più è intelligente il nostro computer, quanto più sciocchi saremo noi)

Mario Vargas Llosa
Mario Vargas Llosa

Vargas Llosa rifletteva sul contenuto di un recente libro, attualmente in corsa per il Premio Pulizer 2011 / Saggistica  “The Shallows: What the Internet is Doing to Our Brains” di  Nicholas Carr  (titolo italiano: “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello”) e come è nel suo stile, lo fa in modo diretto e tagliente.

L’effetto Google e la plasticità del nostro cervello

Il tema è di grande attualità e interessa la vita di tutti noi: bambini, adolescenti e adulti, ormai abituati a vivere, lavorare, apprendere tramite internet; uno strumento sempre più onnipresente nel nostro quotidiano. L’aspetto chiave è appunto questo: internet è uno strumento che noi gestiamo o sta divenendo molto di più, qualcosa che di fatto modifica il nostro modo di pensare? La domanda non è banale soprattutto alla luce di recenti scoperte scientifiche che dimostrano la essenziale plasticità del nostro cervello: un tempo si credeva che la struttura del nostro cervello si formasse nei primi anni di vita e  poi si evolvesse però sulla base delle stesse caratteristiche strutturali; oggi sappiamo con certezza che il cervello ha in se una strutturale plasticità: le nostre esperienze quotidiane, le nostre routine, gli strumenti che utilizziamo per informarci e apprendere hanno un impatto diretto e continuo sulla struttura celebrale e di conseguenza su come noi pensiamo a percepiamo. Un altro recente articolo su ‘El Pais’ approfondisce proprio questo tema: “Google ya es parte de tu memoria. El uso de las nuevas tecnologías altera la forma de recordar y aprender – El impacto llega a las conexiones neuronales” (Google fa parte della tua memoria. L’uso delle nuove tecnologie modifica la forma di ricordare e apprendere. L’impatto arriva alle connessioni neuronali) (http://www.elpais.com/articulo/sociedad/Google/parte/memoria/elpepisoc/20110731elpepisoc_1/Tes ). Si chiama effetto Google la tipologia di impatto che l’utilizzo di questo ormai popolarissimo strumento di ricerca e navigazione internet ha sulla nostra mente giungendo a modificarne le connessioni neuronali. Di fatto vari studi hanno dimostrato che le tipiche capacità di memorizzazione si stanno progressivamente perdendo nelle nuove generazioni: si stanno abituando a non memorizzare sapendo che comunque l’informazione è a portata di pochi click sulla tastiera di un computer. Medici e studiosi affermano che questo fondamentalmente non comporta niente di male, se si è comunque consapevoli degli effetti che comporta sulle nostre capacità e se ci concentriamo a sostituire le capacità mnemoniche con quelle procedurali e concettuali di saper utilizzare e collegare informazioni per generare vero sapere.

Apprendere ed esprimersi, cosa sta avvenendo

Ed è proprio su questo punto che sorge il cuore del dibattito stimolato dal libro di Carr. L’autore va alle radici dello sviluppo del sapere, richiamando le riflessioni di filosofi e pensatori appartenuti a varie epoche e costruendo una convincente tesi sul fatto che la tecnologia che utilizziamo per informarci ha in se un’etica: un insieme di convinzioni e aspetti che vengono dati per scontati e che hanno un impatto sostanziale sulla qualità dell’apprendimento che sviluppiamo. Con le tecnologie moderne siamo abituati ad assumere informazioni in modo rapido, frastagliato e disconnesso e tutto questo non stimola lo spirito critico e analitico che è alla base del vero sapere. Carr associa l’etica delle moderne tecnologie di informazione a quella della produzione industriale: rapida costruzione e assemblaggio basato su velocità ed efficienza che rappresentano di per se un fine più che un mezzo. Illustra la sua tesi facendo riferimento a vari studi scientifici affermando come queste emergenti dinamiche del sapere ci stanno abituando a vedere e apprendere in modo molto superficiale comportando di fatto ( proprio per la plasticità del cervello ) la perdita delle nostre capacità di concentrazione, contemplazione e riflessione e questo ha un impatto diretto anche sulla capacità di generare ed esprimere il nostro sapere. Vargas Llosa sottolinea che Carr riconosce l’importanza delle moderne tecnologie d’informazione per permettere alle persone di conoscersi e condividere esperienze aldilà delle distanze e quanto questo abbia potenzialmente un impatto positivo sullo sviluppo di persone, aziende e sistemi economici e sociali nel suo complesso. Ma tutto questo ha un prezzo: radicali trasformazione culturali e operative a livello sociale ed economico, trasformazioni nel modo di pensare, percepire ed agire. Termina la sua riflessione con un allarmante richiamo apocalittico: “Quello che significa, se lui (Carr ndr) ha ragione, è che siamo di fronte alla inarrestabilità del processo di robottizzazione dell’umanità, processo che si sviluppa e si organizza sulla base di un’intelligenza artificiale. A meno che, chiaramente, non si sia un cataclisma nucleare opera di un incidente o un’azione terroristica, che ci riporti all’età della pietra. Allora dovremo iniziare di nuovo e vedremo se questa seconda volta faremo tutto meglio”.

Ricordarsi della differenza fra informazione e sapere

A mio parere non è necessario giungere a questi scenari apocalittici per rendersi conto di quanto stia avvenendo; dobbiamo e possiamo acquisire consapevolezza nel gestire al meglio gli strumenti d’informazione tecnologici, assicurandoci che restino strumenti e non divengano parte integrante di noi stessi. Iniziamo dal non dimenticare mai la differenza sostanziale che c’è fra l’informazione e il sapere. Internet ci tiene sempre informati, in modo efficiente e veloce ci permette di richiamare specifiche informazioni a cui siamo interessati. Da qui al trasformare le informazioni in sapere la rete ci può ancora assistere ma siamo noi che dobbiamo compiere lo sforzo (e questa volta non tanto sulla base dei principi di efficienza e velocità quanto su quelli di efficacia e riflessione nei giusti tempi) per fare gli opportuni collegamenti e trasformare dette informazioni in sapere; un sapere che arricchisca il nostro modo di pensare, percepire ed agire. Questa può essere la strada giusta per un progresso reale dell’intelligenza umana (vista come capacità di rapportarsi con la realtà che ci circonda) che sappia integrare i benefici di progresso dell’intelligenza artificiale, alla ricchezza percettiva ed emozionale delle esperienze e passioni vissute veramente in prima persona. La reale espressione del nostro essere interiore e delle nostre potenzialità creative (aspetti sempre più indispensabili per gestire i periodi di cambiamento e incertezza attuali e futuri) dipendono da tutto questo.

* (http://www.elpais.com/articulo/opinion/informacion/conocimiento/elpepiopi/20110731elpepiopi_11/Tes )

Perché CAMBIARE e INNOVARE ORA?…

Mario Andretti ha le idee chiare:

Mario Andretti, Campione del Mondo F1 nel 1978 e vincente in tutte le categorie di automobilismo a cui ha partecipato
Mario Andretti, Campione del Mondo F1 nel 1978 e vincente in tutte le varie categorie di automobilismo a cui ha partecipato negli USA e in Europa

“Se aspetti tutto quello che succede é che invecchi!”

Enzo Ferrari INNOVA con il PENSIERO LATERALE per finanziare il team…

La collaborazione tecnica e commerciale Ferrari – Shell ha radici storiche che risalgono agli anni ’50 quando la genialità di Enzo Ferrari creò una INNOVAZIONE commerciale da PENSIERO LATERALE per finanziare il suo team…

Ferrari - Shell una collaborazione tecnica e commerciale presente da decenni...
Ferrari – Shell una collaborazione tecnica e commerciale presente da decenni…

INNOVAZIONE GESTIONALE che fa sbocciare i talenti…

James Hunt subito dopo una delle sue fantastiche vittorie su McLaren M23 nel 1976 (diverrà campione del mondo). Sta celebrando alla sua maniera: corona d’alloro sulla macchina, bella donna al fianco, sigaretta in una mano e birra in un’altra!

James Hunt, campione del Mondo di F1 nel 1976, celebra una delle sue vittorie...
James Hunt, campione del Mondo di F1 nel 1976, celebra una delle sue vittorie…

Hunt aveva un talento naturale che riuscì veramente a sbocciare nel contesto creato dalla Hesketh Racing negli anni precedenti (dalle F3 alla F1) seguendo una massima dell’ INNOVARE GESTIONALE del team: “vogliamo vincere in Formula 1 rivoluzionando tutto il sistema, rompendo tutte le regole della tradizione e soprattutto: divertendoci!” Ci riuscirono nel GP di Olanda del 1975: James Hunt su Hesketh 308B ebbe la meglio su Niki Lauda (Ferrari 312 T) che sarà poi Campione del Mondo.

Il tutto fa parte dell’attesissimo film RUSH di Ron Howard http://www.rushmovie.com/ (in uscita a fine settembre), ed é approfondito in una sezione del libro…

INNOVARE facendo leva su concetti e metodologie in campi diversi…

L’INNOVAZIONE si genera anche dal creare paralleli o metodologie comuni fra campi diversi. Il parallelo di analisi strumentale e oggettiva macchina/pilota é l’INNOVAZIONE sviluppata dalla Formula Medicine http://www.formulamedicine.com/it/ Fondata dal Dr. Ceccarelli (il tutto é approfondito nel libro).

Davide Ceccon - Formula Medicine (Agosto 2013)
Davide Ceccon – Formula Medicine (Agosto 2013)

Nella foto il pilota di GP2 Davide Ceccon che e’ riuscito ad ottimizzare la sintonia fra i due fattori in un recente test.

Profitti INNOVANDO con il PENSIERO LATERALE…

Uno dei fattori chiave allo sviluppo dell’ INNOVAZIONE é la capacità di sviluppare e applicare in modo pratico il PENSIERO LATERALE.

McLaren MP4-2 Niki Lauda (1984)
McLaren MP4-2 Niki Lauda (1984)

Ron Dennis (tutt’oggi Boss del McLaren Group) lo ha utilizzato fin dai primi anni ’80 per generare i ripetuti successi sportivi e commerciali del gruppo…

INNOVARE a sei ruote; molto da imparare…

Jody Scheckter in questi giorni é tornato nell’abitacolo della Tyrrell P34 a sei ruote… una INNOVAZIONE che maturò da un’idea ‘nel cassetto’ del progettista Derek Gardner.

Agosto 2013, Jody Scheckter dopo più di 30 anni nell'abitacolo della Tyrrell P34 a sei ruote...
Agosto 2013, Jody Scheckter dopo più di 30 anni nell’abitacolo della Tyrrell P34 a sei ruote…

Fu una INNOVAZIONE perché portò ad alcune vittorie anche se poi il suo sviluppo si arrestò per cause che fanno riflettere molto sul come impostare collaborazioni su progetti innovativi… nel libro si approfondisce il tutto…

Consapevolezza, azzardo e determinazione…

INNOVARE é sempre una questione di consapevolezza, azzardo e determinazione. Tutti questi tre aggettivi da sempre sono stati associati con il leggendario TAZIO NUVOLARI, inventore dello di stile di guida ‘in derapata’. Con consapevolezza, azzardo e determinazione riuscì anche a domare quei mostri di tecnologia che furono le Auto Union prima della Seconda Guerra Mondiale.

 

Tazio Nuvolari - Auto Union D - 1938
Tazio Nuvolari – Auto Union D – 1938

Nel 1938 portò la Auto Union D al trionfo del GP d’Italia a Monza. Qua un inperdibile video su quel GP.http://youtu.be/BHieb42sw4M

Innovare per sviluppare talenti…

L’indomito SPIRITO INNOVATIVO di Chapman portò il complessato e insicuro Clark a sbocciare in un campione dallo stile inimitabile (qua nel 1965 pronto per la vittoria alla Indy 500) …

1965 Indianapolis 500, vittoria di Jim Clark su Lotus
1965 Indianapolis 500, vittoria di Jim Clark su Lotus