‘Il gelato più buono del mondo’. Fatto con le idee chiare…

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Questa è una storia di successo aziendale che inizia nel 2001 quando due amici torinesi, ispirati da un articolo di Carlo Petrini – fondatore di Slow Food, decidono di divenire imprenditori investendo tutti i loro risparmi con l’obiettivo di produrre vendere ‘il gelato più buono del mondo’.

Federico Grom e Guido Martinetti non avevano la benché minima idea di come fare il gelato, partivano letteralmente da zero, ma avevano ben chiaro quello che volevano realizzare. Andarono ad una fiera specializzata nel Veneto e l’unica persona con la quale riuscirono a parlare fu nello stand Carpigiani. Ottennero spiegazioni sui processi produttivi e i macchinari necessari. Fu l’inizio pratico del progetto che nel 2003 condusse alla prima apertura di una gelateria nel centro di Torino. Dai primi passi del progetto – battezzato Grom – le idee furono subito chiare sulla necessità di affermare un’identità precisa e unica sul mercato; commenta Martinetti: “provare a gestire al meglio l’agricoltura, personalmente o attraverso i nostri fornitori, per avere le migliori materie prima con cui fare un gelato che avesse un gusto pulito, semplice, che portasse in qualche modo ad antiche memorie (…) fare un’agricoltura veramente di qualità, coltivare ad esempio le fragole così, in campo aperto piuttosto che in serra”.

Più facile a dirsi che a farsi

Chiaramente più facile dirlo che farlo; proprio perché richiedeva la comprensione e il coinvolgimento diretto di fornitori sui quali il controllo dei processi di produzione coltivazione era comunque limitato. Nel 2005 fu fatto così l’investimento in un laboratorio di ricerca per gestire al meglio le miscelazioni, sviluppare nuovi gusti e avere un maggiore controllo sui processi produttivi.

Qui la storia inizia a prendere forma sulla scala globale che raggiunto e sempre più marcatamente sta raggiungendo in tempi recenti. Riporta il sito aziendale: “Nascono così i gusti che rendono Grom famosa in Italia e nel mondo: il limone Sfusato di Amalfi, la nocciola Tonda Gentile Trilobata delle Langhe, la pesca di Leonforte, il pistacchio di Bronte e così via.Grom attrae da subito le attenzioni della stampa specializzata e non: scrivono di noi Carlin Petrini, Davide Paolini, Paolo Massobrio, ma anche il New York Times ed il New York Sun, la televisione NBC ci intervista durante il programma nazionale “Today Show” durante le Olimpiadi di Torino, e ci premiano Slow Food e la Provincia di Torino come “Master of Food”.

Il progetto ebbe una forte risonanza mediatica proprio grazie alla sua unicità: la tradizione, il fascino del know-how antico, proiettato nel presente su base industriale con chiare radici artigianali. Ben presto ‘il gelato più buono del mondo’ ebbe ingredienti sempre più genuini e freschi, ottenuti anche grazie a piantagioni e boschi acquistati reinvestiendo profitti.

Oggi le gelaterie Grom sono divenute il top del gelato globale, in tutto il mondo le persone sono disposte a pagare qualcosa in più per molto in più in termini di gusto e naturalezza del prodotto, la recente apertura a New York si è distinta per le code d’attesa di clienti e il periodo era già tutt’altro che estivo. La Grom ha ormai più di 70 punti vendita che dall’Italia spaziano in Asia e anche negli USA.

… cosa ci insegna il ‘gelato più buono del mondo’

Cosa possiamo apprendere da tutto questo come imprenditori e manager di aziende piccole, medie e grandi? Che è fondamentale porsi sempre alcune domande prima di far partire un progetto d’imprenditoria o se voglia mettere a punto o rivederne totalmente uno esistente per confrontarsi al meglio con i cambiamenti di mercato e di conteso di oggi e di domani:

1. Aldilà del know-how che possiamo avere o non avere (tutto si può imparare se si vuole veramente), cosa c’è di veramente unico alla base del progetto? Quale identità vogliamo dargli perché sia ben chiaro nella sua unicità sia all’interno dell’azienda che all’esterno? E’ possibile rapportare quest’identità a tradizioni e aspetti culturali antichi? Questo, soprattutto oggi aiuta ad ancorare un progetto a un riferimento che poi si sviluppa nella modernità di oggi e del futuro.

2. Quali sacrifici siamo disposti a fare per creare o rigenerare quest’identità? Molte forze, molte persone saranno d’ostacolo a un progetto fondamentale innovativo nel suo concetto di base. Come vincere le loro resistenze e cercare di coinvolgere, facendo capire i benefici che loro stesse ne avranno?

3. Su quali valori si basa questo senso d’identità aziendale? Da chiarire che non stiamo parlando dei classici valori messi su depliant o siti aziendali ma di valori dimostrati con comportamenti quotidiani e con investimenti (piccoli o grandi che siano) che dimostrino la forza del progetto basata sulla chiarezza della sua identità e unicità.

Le sfide imprenditoriali di oggi e di domani, le sfide che possono valorizzare l’ancora celebre know-how italiano a livello globale, si basano in molti dei loro aspetti su queste radici.