Internazionalizzare? Ecco la prima domanda da porsi…

Troppo spesso si parla di internazionalizzazione con la mentalità di ‘colonizzatori’ pronti a sfruttare opportunità che mercati emergenti stanno offrendo; di fatto poi, altrettanto spesso, ci rendiamo conto che il tempo delle ‘facili colonizzazioni’ appartiene ormai alla storia: anche mercati che possono essere considerati ad alto potenziale di sviluppo falliscono nell’incontrare i risultati attesi che erano stati identificati sulla base di analisi quantitative e anche qualitative di varia natura. Tutto questo è legato a complessità sociali ed economiche che sono sempre state presenti ma che oggi, in un mondo sempre più globalizzato grazie alla tecnologia e alla comunicazione istantanea, hanno riscontrato incrementi esponenziali e continuano a farlo ad un passo sempre più marcato.

16 Settembre, presso Assindustria Lucca
16 Settembre, presso Assindustria Lucca

Per non essere travolti da queste complessità e al tempo stesso utilizzare a proprio vantaggio i fattori che le generano, il primo passo è tornare ai fondamentali: alla radice dello sviluppare qualsiasi business che possa generare risultati non solo nel breve ma anche nel medio e lungo periodo.

Poniamoci allora una domanda che troppe volte viene data per scontata troppo rapidamente e per questo mai approfondita nei suoi aspetti: ciò che offriamo sul mercato estero porta valore aggiunto nelle percezioni del cliente? e come corollario alla domanda stessa: come lo fa? perche? come possiamo incrementare questo processo? come possiamo assicurarci che questo processo continui ad essere attivo?

La risposta a questa domanda, e a tutti i suoi corollari, sta indubbiamente in una volontà e capacità di analisi quantitativa e qualitativa integrate da fattivi riscontri diretti ‘sul campo’ e soprattutto sta in un aspetto che troppe volte viene a sua volta confuso nel suo significato concettuale e pratico: innovare.

L’innovazione consiste nella capacità di sviluppare creatività che genera valore aggiunto nelle percezioni del cliente (il tema è approfondito anche nel libro innovazioneatuttogas.it ). In questo senso innovare rappresenta un motore all’internazionalizzazione, un motore che in molti casi non richiederà quegli investimenti ingenti tipicamente associati alla parola innovare…

Approfondiremo tutto questo e anche altri punti di vista sull’internazionalizzare in modo efficace ed efficiente nel corso di un incontro che si svolgerà presso Assindustria Lucca, organizzato dalla loro agenzia formativa Formetica, il 16 settembre prossimo sul tema INNOVARE PER CRESCERE. OPPORTUNITA’ DA SFRUTTARE E GENERARE. CONCRETEZZA NEL FARE. MENTALITA’ VINCENTE.  Per dettagli sui temi trattati nel corso dell’incontro e modalità di iscrizione   http://eventi.lifeplan.it/eventi/internazionalizzare-per-crescere/ .

Quanto vale veramente il nostro lavoro? Una prospettiva originale: che valore aggiunto portiamo effettivamente alla società?

Nel 1986 è stata creata nel Regno Unito una fondazione indipendente ‘think-tank’ (un ‘pensatoio’ come diremmo noi in Italia per capirci meglio) che analizza e guarda alle dinamiche economiche e sociali sotto punti di vista freschi e originali. L’obiettivo della fondazione è quello di di ‘incrementare la qualità della vita mettendo in primo piano le persone e il pianeta’ ( http://www.neweconomics.org/about ).

Il logo della fondazione inglese NEF
Il logo della fondazione inglese NEF

Di recente la fondazione ha pubblicato un’interessante relazione dal titolo ‘A bit rich: calculating the real value to society of different professions’ (Un po’ ricchi: calcolando il valore aggiunto reale alla società di varie professioni). La relazione (in inglese) è scaricabile gratuitamente a questo linkhttp://www.neweconomics.org/sites/neweconomics.org/files/A_Bit_Rich.pdf ) e descrive una ricerca molto dettagliata che è giunta a conclusioni che dovrebbero far riflettere tutti noi sul reale valore del nostro lavoro quotidiano; in altre parole su quanto concretamente il nostro lavoro quotidiano riesca non solo a rappresentare un mezzo di sostentamento ma anche a contribuire alla crescita e allo sviluppo sociale. Questa prospettiva ha un impatto notevole sul modo tipico di ragionare e dare valore ad una professione, scopriamone il perché leggendo alcune delle conclusioni tratte da questo progetto. Leggi tutto “Quanto vale veramente il nostro lavoro? Una prospettiva originale: che valore aggiunto portiamo effettivamente alla società?”

INNOVARE E’ ANCHE UNA FACCENDA DI CASSETTI APERTI…

Idee e materiale ‘nel cassetto’ possono assumere forme nuove e generare inatteso valore aggiunto…

La iconica Tyrrell P34 Formula 1 del 1976 ne é un classico esempio… nel libro si approfondisce come il progettista Gardner sviluppò il tutto…

Tyrrell P34 1976 - Patrick Depailler works to set it up
Tyrrell P34 1976 – Patrick Depailler works to set it up

Il know-how aziendale come fonte di servizi (e profitti!) verso l’esterno

L’esempio della Porsche Consulting vale anche per le piccole e medie imprese

Ci troviamo spesso a fare inventari fisici dei beni materiali che abbiamo nelle nostre aziende; a tenere una contabilità su quanto gli stessi beni valgono avendo cura di ammortizzarli nel modo più opportuno. Tutto questo ci pare logico e sensato perché edifici, macchinari, scrivanie, computer sono cose che vediamo, che percepiamo concretamente e che possiamo associare in modo diretto al progetto aziendale che stiamo portando avanti.

Le cose cambiano quando iniziamo a parlare di beni immateriali o intangibili che comunque contribuiscono marcatamente al progetto aziendale ed in particolare uno fra tutti: il know-how (il sapere pratico composto da teoria ed esperienza pratica sul campo, nel quotidiano) che rappresenta molto spesso la vera e unicamente originale ricchezza aziendale.

 

Consapevolezza ed uso della vera ricchezza aziendale

Come vengono risolti nel quotidiano i problemi che si incontrano nel comparto produttivo? come si gestiscono le complessità di rapporto con clienti che appartengono a culture e mentalità diverse? come riusciamo a fare si che una determinata procedura di qualità o di riduzione costi venga assimilata nel comportamento quotidiano da parte di tutti? cos’è che l’azienda sta facendo bene e perché? in quale processo sta l’azienda creando valore con il suo sapere? dove risiede il suo sapere veramente originale che le permette di innovare?

Ora vediamo tutto questo da una prospettiva diversa che ci introduce al tema di questo articolo: come tutto questo know-how può essere utilizzato perché possa sia concretamente utile alla riorganizzazione, crescita e sviluppo di altre aziende indipendentemente dalla natura del nostro settore di attività rispetto al nostro?

 

Il caso Porsche Consulting

Nel 1994 il top management della casa automobilistica Porsche si pose una domanda molto simile a questa. L’azienda stava appena uscendo da un periodo piuttosto buio: il celebre marchio stava perdendo un po’ del suo smalto a causa di problemi di qualità e competitività sul mercato. L’integrazione e l’utilizzo di idee e pratiche della ‘lean production’ giapponese migliorarono decisamente il contesto e proprio in quell’anno fu creata la Porsche Consulting che metteva a disposizione il proprio know-how a beneficio di altre aziende. La prima ricompensa per i servizi prestati ad un fornitore produttore di mobili furono sedie e tavoli da ufficio; oggi Porsche Consulting ha alle sue dipendenze 250 persone e un fatturato di circa 55 milioni di Euro mostrando dalla sua fondazione una progressiva crescita annuale del 26 % e riportando ogni anno profitti a due cifre decimali. I clienti rappresentano i settori economici più disparati.

I quartieri generali Porsche Consulting a Stuttgart
I quartieri generali Porsche Consulting a Stuttgart

Nel corso di questi ultimi anni sempre più aziende tedesche, anche di dimensione media e medio piccola, hanno affiancato alle loro tipiche attività di ‘core business’ queste attività di consulenza; questo si è rilevato utile sia da un punto di vista economico e finanziario che nell’accrescere la professionalità non solo di manager ma anche di collaboratori a tutti i livelli aziendali. Infatti, quello che caratterizza questo tipo di attività consulenziali è l’estrema praticità: il rapporto diretto fra persone che pur lavorando in aziende diverse si confrontano con problematiche simili e si pongono in modo naturale su un livello professionale paritetico concentrandosi sulla soluzione e prevenzione dei problemi piuttosto che su formalismi.

 

Una nuova dimensione aziendale

Tutto questo aggiunge una dimensione importante alle dinamiche di sviluppo e crescita aziendale; una dimensione che richiede la presenza di alcuni fattori chiave perché si formi e si sviluppi e che presenta anche dei rischi.

Fra i fattori chiave che devono essere presenti perché un’azienda possa intraprendere il percorso di valorizzazione economica verso l’esterno del proprio know-how, sicuramente abbiamo:

la consapevolezza di cosa si fa, perché lo si fa e come lo si fa;
la consapevolezza di come il nostro metodo di lavoro possa essere utile ad altri;
la capacità di gestire tutta questa consapevolezza nelle dinamiche interne dell’azienda focalizzandola in modo mirato verso l’esterno;
la capacità di trasmettere il sapere in modo pratico umile ed esperto anticipando le reali problematiche del quotidiano dei beneficiari del servizio.

Fra i rischi che si corrono nell’implementazione e sviluppo di attività di questo tipo:

la dispersione di risorse ed energie rispetto alle attività del ‘core business’;
la perdita di know-how a vantaggio di aziende che direttamente o indirettamente potrebbero recare danno al ‘core business’ stesso.

 

Una direzione di sviluppo per tutti

Esplorare questa nuova dimensione aziendale non è facile ma indubbiamente rappresenta un percorso su cui meditare soprattutto perché ci porta a riflettere e valorizzare un aspetto che sempre più caratterizza le dinamiche di continuo cambiamento dell’economica globale: le evoluzioni e gli utilizzi del sapere teorico e soprattutto pratico. Si tratta di una sfida rispetto alla quale ciascuna azienda dovrebbe almeno iniziare a considerare, può essere che soluzioni che si stanno cercando siano proprio in questa direzione.

 

Bibliografia:

Financial Times: “Profits of inside knowledge” By Daniel Schäfer in Frankfurt 4 aprile 2011